Spigolature: Breve storia dei campionatori

L’idea di registrare una serie di suoni, disporli in anello e riprodurli elettronicamente risale ad un’intuizione degli anni '50 di Pierre Schaefer, il grande sperimentatore francese pioniere della musique concrète. Le prime realizzazioni commerciali dell’idea furono i campionatori analogici Chamberlin (1956) e Mellotron (primi anni '60).

Alla fine degli anni '60 a Londra nacque il primo campionatore digitale, l’EMS Musys, progettato da David Cockerell, Peter Grogono e Peter Zinovieff. Si trattava di un campionatore software che girava su mainframe universitari PDP di Digital Equipement. La storia dei campionatori hardware inizia però solo con il Fairlight CMI (1979).

È nota la storia, ammantata di leggenda, della nascita del Kurzweil K250 (1982) dal fortuito incontro, seduti fianco a fianco sullo stesso aereo, tra il musicista Stevie Wonder e l’inventore e futurologo Ray Kurzweil. Il K250 poteva campionare, ma conteneva anche suoni già pronti, tra cui i suoni fondamentali dell’orchestra, come il pianoforte, le sezioni separate di archi, i timpani, e suoni essenziali per il jazz, come il sax, il trombone solo, il contrabbasso pizzicato e il kit di batteria.

Gli esperimenti di David Cockerell sui delay digitali di Electro-Harmonix a condurre allo sviluppo dei campionatori hardware di Akai (che videro la luce sotto forma di S612, a metà degli anni '80). I nuovi strumenti introducevano diverse innovazioni, tra cui il loop in crossfade, che semplificava la creazione dei suoni anche con poca memoria e campioni corti, ed eliminavano i suoni in ROM, riducendo così drasticamente il costo. Retrospettivamente, possiamo però dire che la maggior conseguenza di questa rimozione fu la necessità di creare librerie di suoni, e quindi di causare la nascita di un mercato di suoni campionati – immancabilmente, appunto, disponibili in formato Akai, e leggibili anche dai successivi modelli di E-mu Systems, Roland, Ensoniq, Casio, Korg e Yamaha.



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