Un po’ di storia

In principio era il DAT. Alzi la mano chi se lo ricorda, questo rivoluzionario registratore digitale a nastro inventato da Sony e Philips. Oltre ai modelli da studio usati per lunghi anni per realizzare il master dei dischi, ne esistevano alcuni esemplari portatili, eredi evoluti del Walkman. Vi si collegava un piccolo microfono dedicato [[alimentato da una carica di circa [3] Volt]], e si registrava, [per la durata di un nastro o della batteria (i tempi medi erano di un’ora circa)], con una qualità audio per l’epoca (ma anche oltre) strepitosa. Anche troppo: la facilità con cui si potevano fare copie di alta qualità dei CD musicali convinse i produttori a tenere alti i prezzi del Dat e a frenarne le vendite.

Poi venne il MiniDisc, di qualità più bassa rispetto al Dat, ma pur sempre gagliardo. Le ridotte dimensioni e il costo più contenuto del MiniDisc causò la nascita di un vasto movimento di ‘tapers’, cioè di bizzarri individui che andavano in giro a registrare la folla al mercato o a fare registrazioni pirata dei concerti, con il piccolo registratore nel taschino ed un minuscolo microfono stereo nascosto nei luoghi più impensabili per non farsi fermare all’ingresso.

L’arrivo delle memorie a stato solido (Compact Flash, SD…), impiegate dapprima nei registratori professionali di Nagra e Sound Devices (molto apprezzati in ambito cinematografico), ha rivoluzionato il settore professionale. Calato il prezzo delle memorie, sono arrivati anche i registratori tascabili per uso generico. Il tempo corre, e il nostro DR-1 appartiene già alla seconda generazione di registratori a stato solido.



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