Il suono

Il suono di questo Steinway, anche nella versione ridotta oggetto di questa prova, è estremamente presente, tridimensionale, massiccio. Non è il pianoforte morbido e un po’ sfocato, più adatto a contesti new-age che ad un lavoro con l’orchestra virtuale. Le regolazioni di bordo permettono di creare qualsiasi suono, ma fondamentalmente si tratta di un pianoforte classico da concerto capace di farsi sentire bene sopra l’orchestra. La brillantezza può renderlo adatto anche a contesti meno classici, che richiedano una sonorità sempre ben definita.

Questo esempio, tratto dal celebre secondo concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninov, mostra come la brillantezza emerga anche in un passaggio lirico. Le impostazioni sono quelle del preset Concert, con la risposta alla dinamica un po’ ridotta per renderla più morbida.



L’inizio dello stesso concerto mostra bene uno dei punti di forza dello strumento, anche nella versione ridotta: l’enorme escursione dinamica, estesissima tra il pianissimo e il piuccheffortissimo. Il pianissimo è, però, il limite dinamico più basso, sotto cui sembra difficile scendere.



Altro punto di forza, percepibile nei vari esempi, è il pedale, che risponde decisamente bene. Ben controllabile nell’entrata e nell’uscita, è inoltre molto ben graduabile (un mezzo pedale che funzioni bene è un pregio raro nei pianoforti campionati).

Questo estratto dal terzo concerto di Prokofiev dovrebbe invece rivelare la nitidezza e l’incisività dei bassi, e l’estrema fragilità degli acuti, presenti e penetranti ma un po’ rapidi nel dissolversi. Ancora una volta, il preset è il Concert con ambiente abbassato.



Il suono risultante è penetrante, con prevalenza dei microfoni a condensatore puntati sui martelletti. Della versione completa mancano l’apertura dei microfoni davanti alla curva del pianoforte, la nitidezza senza asprezze dei ribbon, e la morbida e gonfia lentezza del valvolare. Ciononostante, il suono è grande e ricco. Preciso, ma con un’anima.


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